Le Petite Mort Teatro
con Gianluca Bozzale, Emilia Piz, Martina Testa | regia e drammaturgia Tommaso Fermariello
C’è Enea che ha otto anni. Gli piacciono la scienza, gli animali, i documentari sugli animali, la sua maglietta rossa con sopra stampato un brontosauro. Oggi, per la prima volta, sta andando dalla nonna da solo.
C’è Chicca che è bloccata su un treno fermo in mezzo al nulla. Ha scoperto di essere entrata in menopausa. Si chiede come sarebbe vivere fino a centocinquant’anni. Pensa che la sua pelle sarebbe orribile a centocinquant’anni. Pensa che potrebbe rifarsi.
C’è la signora Adele che ha ottantacinque anni. Vive da sola da quando il marito ha avuto il colpo. Le piace andare dal parrucchiere e le piace guardare la riviste che ci sono. Ultimamente però le capita di fare confusione. A volte si prepara, si mette il vestito giallo, che è il vestito del giovedì dal parrucchiere, e si siede sulla poltrona ad aspettare la figlia. Ma la figlia non arriva. Ha una sensazione. Come se stesse sbagliando qualcosa, ma non capisce cosa.
Ci sono i nostri nonni, i ricordi che abbiamo di loro, i loro novant’anni, le giornate infinite, gli amici che muoiono, il corpo che si spegne e la testa anche, e il giocare a carte, raccontare di avere cinque anni di meno, forse dieci.
Ci siamo noi, che stiamo tra la fine dei vent’anni e l’inizio dei trenta, e sentiamo il fiato che si accorcia, un primo mal di schiena, un po’ di rughe sopra gli occhi, i capelli che diventano radi. Noi che qualche anno fa eravamo giovani, immortali, e il tempo era un nostro amico, era dalla nostra parte e sembrava non finire mai.
Le aragoste hanno un enzima che è in grado di riparare le estremità dei cromosomi rigenerando le cellule all’infinito. In altre parole, le aragoste non invecchiano mai.
Sarebbero tecnicamente immortali, se non fosse che nell’atto di rinnovare la struttura esterna del proprio scheletro sono particolarmente inermi e preda di numerosi predatori.
Le aragoste muoiono solo quando succede loro qualcosa di brutto. Come un incidente. Come sarebbe essere come le aragoste e non invecchiare mai?
Come invecchieremo noi quando si vivrà fino a centocinquanta anni e per strada ci saranno solo capelli bianchi?
Lo spettacolo è un racconto a più voci, che sta tra la fiction e il racconto di sé, una riflessione sul tempo e sull’invecchiare, sulle aragoste e sugli umani.